Cosa sono gli tsunami

La parola tsunami in giapponese significa “onda del porto”. Tuttavia, si riferisce a qualcosa di ben meno pecifico: una serie di onde generate nell’oceano profondo, che causano ingenti danni sulla terraferma.

Una delle cause più frequenti degli tsunami è un grande evento sismico sotto il fondo del mare di magnitudo 7,5 o superiore. Tali terremoti si verificano comunemente ai confini tra le placche tettoniche e continentali, che premono l’una contro l’altra, accumulando pressione fino a raggiungere un punto di ribaltamento. Quando inevitabilmente scivolano l’una sull’altra, causando l’innalzamento o l’abbassamento del fondale marino, la gravità riporta l’acqua sopra di essa a livello, creando onde circolari a 360 gradi come “increspature” giganti che si diffondono verso l’esterno.

Sebbene uno tsunami in oceano aperto raggiunga raramente un’altezza superiore a qualche metro, la sua potenza è notevolmente superiore a quella delle perturbazioni superficiali, come le increspature o le onde generate dal vento. La sua lunghezza può anche essere notevolmente maggiore, con una cresta che può raggiungere i 1000 chilometri. A causa della sua altezza minima, queste onde potenti ma poco profonde possono non essere rilevate quando si viaggia in mare aperto, anche se passano sotto la vostra barca. Quando si dirigono verso la terraferma, però, gli tsunami possono viaggiare a velocità impressionanti, consentendo il raggiungimento di coste lontane in poche ore.

Man mano che si avvicina alla costa e la profondità diminuisce, lo tsunami rallenta gradualmente, ma la sua potenza è ancora presente in quanto la sua ampiezza o altezza inizia a crescere: queste onde possono raggiungere i trenta metri. Tuttavia, il più delle volte sono molto più sottili: il mare si ritira dalla vista prima di inondare rapidamente tutto ciò che lo ostacola con un muro d’acqua che scorre fino a trenta metri sopra il livello del mare. Si muove a una velocità impressionante di 65 km/h, travolgendo oggetti come edifici e veicoli, sradicando alberi e inondando le aree costiere a bassa quota fino 1,5 km nell’entroterra.

Con creste comprese tra i 5 e i 90 minuti, le ondate escono dall’epicentro della perturbazione e colpiscono la costa una dopo l’altra. Quando la prima onda si ritira, le persone spesso pensano che il pericolo sia finito, quindi rientrano nella zona di pericolo, solo per incontrare un’altra onda. Purtroppo, la prima onda che arriva a riva non è di solito la più distruttiva.

Più di due dozzine di Paesi si sono uniti in una coalizione nota come Gruppo di coordinamento internazionale per il sistema di allerta tsunami (TWS): si tratta di un gruppo che analizza i dati provenienti da carte delle maree, sensori sismici, registrazioni storiche e boe oceaniche collegate a dispositivi che misurano la pressione sul fondo del mare per prevedere i potenziali siti di impatto degli tsunami. Non appena il TWS fornisce una stima, le aree che potrebbero essere colpite vengono informate immediatamente, in modo che le autorità vicine possano iniziare a prendere misure di cautela come l’evacuazione.

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