Refrigerazione industriale: la tecnologia al servizio degli alimenti

Refrigerazione

Al giorno d’oggi sono numerose le tecniche di conservazione degli alimenti che possono essere impiegate per far durare i cibi più a lungo. La più comune corrisponde all’uso del freddo: la refrigerazione, come quella che viene garantita dai nostri frigoriferi, è in grado di allungare di diversi giorni la durabilità degli ortaggi, della carne, delle uova e di molti altri ingredienti. Anche il sottovuoto corrisponde a un metodo noto dai tempi antichi: i Romani immergevano gli alimenti nello strutto o nell’olio, mentre le tecnologie recenti hanno consentito di sfruttare il confezionamento in pellicola. Una variante sul tema è rappresentata dal confezionamento in atmosfera protettiva, ma il principio è sempre lo stesso: il cibo viene isolato rispetto al contatto con l’ossigeno, che – come noto – è una delle cause più importanti del deterioramento degli alimenti, dal momento che agevola il proliferare di muffe e batteri e rende più rapido il processo di irrancidimento dei grassi.

La filtrazione su membrane è, invece, molto più recente: un esempio è quello della microfiltrazione del latte, ma la tecnica può essere adottata per molti altri prodotti. Tutto si fonda sull’impiego di membrane semipermeabili che svolgono l’azione di un colino. Per esempio, la microfiltrazione ha lo scopo di rimuovere le impurità più grossolane dagli alimenti liquidi – come il latte, appunto – così da far venir meno il rischio di entrare in contatto con agenti di malattia. Attraverso l’ultrafiltrazione, invece, si possono rimuovere muffe e batteri. Esistono, poi, la nanofiltrazione – che viene impiegata per i succhi di frutta – e l’osmosi inversa.

Un ulteriore metodo di conservazione degli alimenti va individuato nelle radiazioni ionizzanti, usate per esempio in Canada e negli Stati Uniti, ma non nella Ue, dove sono vietate. Esse vengono sfruttate per rimuovere dal pesce e dalla carne fresca i batteri della salmonella e molti altri microrganismi alteranti.

Certo è che su scala industriale la tecnica più comune continua a essere quella della refrigerazione, impiegata tanto dalle aziende alimentari quanto dai supermercati. Con l’impiego di celle frigo industriali, i cibi possono essere conservati per lungo tempo in modo ottimale a temperature più basse rispetto a quella dell’ambiente. Le celle si differenziano a seconda della capacità di mantenimento dei prodotti, e ciascuna cella è dotata all’interno di un motore elettrico che permette di arrivare alla temperatura desiderata.

I frigoriferi industriali sono costituiti da un espansore, da un condensatore, da un evaporatore e da un liquido refrigerante, che permette di non far deperire le derrate che si potrebbero deteriorare. La refrigerazione è resa possibile anche da banchi frigoriferi come quelli che vengono impiegati nelle gelaterie, nelle pasticcerie o dei bar. Nel momento in cui un prodotto viene refrigerato, esso viene mantenuto a basse temperature per la sua vita commerciale intera, in modo che possa essere arrestata la proliferazione di eventuali microrganismi alteranti. A seconda del tipo di alimenti, può essere necessario scendere sotto i 2 gradi – come nel caso degli hamburger o delle carni macinate – o sotto i 4, mentre in altre circostanze è sufficiente non superare i 7 gradi. L’importante è non andare oltre 1 grado sotto zero, che è il valore a partire dal quale comincia il congelamento, fino a 70 gradi sotto zero. Esso fa in modo che la totalità dell’acqua presente all’interno di un alimento diventi ghiaccio, ma non ha niente a che vedere con la refrigerazione propriamente detta.

La refrigerazione industriale si basa su impianti attraverso i quali l’energia meccanica può essere convertita in energia termica: è questo il meccanismo in virtù del quale al loro interno la temperatura si mantiene più bassa di quella all’esterno. L’energia meccanica deriva, a sua volta, dall’energia elettrica che viene prodotta dal motore elettrico.

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