Come comunicare con un figlio “difficile”

figlioPerché oggi sono così tanto comuni i comportamenti a rischio e quali sono le cause che possono incorrere ad aggravare i pericoli di un allontanamento tra genitori e figli? Non ne fa mistero la comunicazione di massa che ogni giorno dipinge la realtà di colori scuri e tetri. Ci angoscia ascoltare la cronaca nera, perché spesso ha come protagonisti proprio giovani ragazzi, anche poco più che adolescenti, che sembrano trasformarsi in mostri.

Ma anche senza accendere la TV, basta semplicemente osservare il comportamento di molti giovanissimi che hanno l’aria di aver perso quel senso di incanto che in età adolescenziale è quanto di più bello si possa ricordare nel tempo.

Un figlio – oggi – tende a comportarsi da adulto già all’età della prima adolescenza, la comunicazione con gli adulti tende a farsi più ostile se gli viene negata qualcosa o non concesso quello che pretende. L’intransigenza, la rimostranza e una chiusura comune dell’adolescente, di per sé “turbato” da un passaggio che è stato particolare per tutti, rendono il rapporto con il mondo adulto, ed in particolare con i genitori, molto più teso e puntellato di conflitti.

Il dialogo con i figli andrebbe costruito o ricostruito, tenendo conto di un passaggio epocale che ha cambiato radicalmente la fisionomia dei rapporti tra giovani e adulti, tra educazione e confronto. Imparare a parlare, a chiedere, a confrontarsi, ad interessarli alle proprie visioni ed interessarsi alle loro, avvicinandosi anche con un po’ di ironia, per alleggerire il carico delle distanze, può essere una via per non rompere i muri del silenzio.

Trovare il modo di arrivare ad un figlio “difficile” può essere una terapia anche per il genitore, per riappropriarsi di un ruolo che potrebbe essere sano coltivare su basi diverse da quelle imparate di default, e che non sono più funzionali.
La creatività potrebbe essere una buona strada per connettersi ad un figlio e scoprirne eventualmente una passione che potrà coltivare e prendere il posto di una tensione inespressa e senza una vera origine.

La ribellione è un sintomo di vitalità, che andrebbe coltivata da un rapporto fecondo con il padre e la madre. I genitori devono ascoltarla e canalizzarla verso la giusta direzione, ma se non hanno la soddisfazione personale per poterlo fare, se loro stessi non hanno mai coltivato un interesse, non potranno neanche scoprire e considerare quello del figlio come un incentivo, e anzi ne frusteranno sul nascere ogni potenzialità espressiva.

L’ansia, le critiche, la sfiducia, le continue raccomandazioni non sono certamente dei buoni semi da coltivare, non daranno i frutti sperati. Non è l’eccessiva preoccupazione riversata su di lui che lo farà sentire colmato di amore. Molto spesso, è con un sorriso, una battuta, uno scherzo che si riesce a creare quel ‘mood’ di complicità che per un figlio arriva inaspettato eppure tanto gradito, perché fuori dai soliti schemi.

Certamente ogni caso è diverso. Non sempre si può ridere e fingere leggerezza di fronte ad ogni situazione, ve ne sono molte, ad esempio, che richiedono invece fermezza e determinazione. Nel caso si abbiano dubbi sulle abitudini di un figlio, è sicuramente bene agire in tempo per non ritrovarsi con un adulto disadattato e asociale.

A questo proposito, le problematiche più comuni sono presto riscontrabili con delle indagini di controllo dei minori volte a scongiurare la presenza di fattori critici per la sua crescita sana.

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